Or le sovvien il giorno, ahi fero giorno! allor che la sua bella vergine cuccia de le Grazie alunna, giovanilmente vezzeggiando, il piede villan del servo con l'eburneo dente segnò di lieve nota: ed egli audace col sacrilego piè lanciolla: e quella tre volte rotolò; tre volte scosse gli scompigliati peli, e da le molli nari soffiò la polvere rodente. Indi i gemiti alzando: aita aita parea dicesse; e da le aurate volte a lei l'impietosita Eco rispose: e dagl'infimi chiostri i mesti servi asceser tutti; e da le somme stanze le damigelle pallide tremanti precipitàro. Accorse ognuno: il volto fu d'essenze spruzzato a la tua Dama; ella rinvenne alfin: l'ira, il dolore l'agitavano ancor; fulminei sguardi gettò sul servo; e con languida voce chiamò tre volte la sua cuccia: e questa al sen le corse; in suo tenor vendetta chieder sembrolle: e tu vendetta avesti vergine cuccia de le Grazie alunna. L'empio servo tremò; con gli occhi al suolo udì la sua condanna. A lui non valse merito quadrilustre; a lui non valse zelo d'arcani uficj: in van per lui fu pregato e promesso; ei nudo andonne dell'assisa spogliato ond'era un giorno venerabile al vulgo. In van novello Signor sperò; ché le pietose dame inorridìro, e del misfatto atroce odiàr l'autore. Il misero si giacque con la squallida prole, e con la nuda consorte a lato su la via spargendo al passeggiere inutile lamento: e tu vergine cuccia, idol placato da le vittime umane, isti superba. Così egli parla, o Signore: e durante questo compassionevole discorso nascono dagli occhi della tua dama delle lacrime che sembrano gocce di linfa splendenti, che in primavera escono dai tralci di vite rinati al loro interno per le brezze tiepide del primo vento primaverile carico di fecondità. Ora [la donna] si ricorda del giorno, oh giorno crudele! in cui la sua bella cagnetta educata dalle Grazie, giocando come un cucciolo, il piede del servo villano con il dente d'avorio morsicò leggermente: e lui, sprezzante, le diede un calcio con il piede sacrilego: e lei rotolò per tre volte; tre volte le si scompigliò il pelo, il naso umido e delicato respirò la polvere secca della terra. Quindi mettendosi a guaire, sembrava dicesse ‘Aiuto'; e dai soffitti dorati rispose a lei Eco impietosita: e dalle stanze più basse i servi preoccupati salirono; e dalle stanze dei piani superiori le damigelle pallide e spaventate accorsero. Arrivarono tutti: il viso della tua Dama fu spruzzato con alcune essenze; e si riprese alla fine: era scossa da ira e da dolore; gettò degli sguardi fulminei al servo; e con voce flebile chiamò ben tre volte la cagnolina: questa le corse incontro; a suo modo sembrò che le chiedesse vendetta; e tu avesti la tua vendetta, cagnetta alunna delle Grazie. Il servo empio tremò; e con gli occhi rivolti a terra ascoltò il suo licenziamento. Non gli valse aver lavorato vent'anni, non gli valse il rigore alla segretezza; invano lui pregò e chiese perdono; se ne andò nudo spogliato dalla livrea che era un simbolo di distinzione dal volgo. Invano cercò un altro posto di lavoro; e le damigelle pietose inorridirono, ed odiarono l'autore dell'atroce misfatto. Il misero si accasciò con i figli tristi, e con la moglie ormai vestita di stracci al suo fianco, sulla via chiedendo inutilmente l'elemosina ai passanti: e tu piccola cagnolina, divinità placata da un sacrificio umano, camminasti superba.